Trascrizione della relazione proposta al Convegno dalla Dott.ssa Elena Mancini – Medico chirurgo, Neurologa, Fisiatra
Relatore: Dott.ssa Elena Mancini
Lavoro presso l’Ospedale S. Camillo del Lido di Venezia. Abbiamo iniziato relativamente di recente a usare la terapia cranio-sacrale, perciò non abbiamo abbastanza dati già elaborati da sottoporvi.
Comunque voglio parlarvi della realtà in cui lavoro e del mio lavoro in generale.
La realtà ospedaliera in cui lavoro si compone di 100 posti letto per la sola neuroriabilitazione, dove si vedono affluire da tutta la nazione un po’ tutte le realtà patologiche riabilitabili: patologie vascolari con ictus ischemici emorragici, traumi cranici, spesso tra loro ci sono casi di post-coma e, in quest’ultimo caso, per post-coma si intende anche la sola apertura degli occhi.
Nei casi di post-coma o coma vegetativo, i pazienti se hanno fortuna superano questo stadio durante la terapia riabilitativa, mentre purtroppo molti rimangono in stato vegetativo. Tra questi abbiamo molti casi con traumi e patologie midollari, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, Parkinson e altre patologie degenerative infiammatorie del sistema nervoso centrale.
Nel nostro ospedale disponiamo di ventotto terapisti, ma di questi solo sette sono a conoscenza della tecnica cranio-sacrale, di cui due hanno appena seguito il corso di cranio-sacrale. Ci sono altri sei terapisti in grado di applicare questa tecnica, e siccome non trattano i pazienti neurologici ma altre realtà collegate al nostro ospedale (che è un Istituto e quindi comprende anche una casa di riposo e un RSA), vengono a trattare dei pazienti esterni, poiché abbiamo anche un ambulatorio esterno.
La filosofia che seguiamo e che seguo io personalmente all’ospedale S. Camillo, è di massima apertura e prevede l’applicazione di ogni tecnica di cui i terapisti, di scuole diverse, di provenienze e magari di paesi diversi, siano a conoscenza.
Secondo noi la possibilità di confrontarsi tra terapisti fa sì che il terapista stesso possa lavorare sul paziente sfruttando tutto questo sapere e integrando le varie conoscenze.
Ciò che mi ha spinto a programmare nel maggio del 2003 e nel gennaio del 2005 la realizzazione di corsi di tecnica cranio-sacrale di primo e di secondo livello, è in parte frutto della curiosità e dell’apertura nei confronti delle nuove tecniche che i terapisti portano ed in parte frutto di un percorso personale che non è solo professionale, ma è diventato un percorso che sta coinvolgendo anche la mia filosofia di vita. La cranio-sacrale mi sta molto aiutando in questo.
Credo di essere anch’io sensibile ai cambiamenti della realtà sociale, e in questi ultimi anni, dall’11 settembre del 2001 per esempio, come me tante altre persone hanno iniziato a porsi più domande di prima, aprendo nuovi orizzonti rivolti all’ampliamento della cultura e delle culture diverse.
Il consumismo ha subito uno scossone violento e la filosofia che lo sostiene, tipicamente occidentale, ha probabilmente raggiunto il suo apice e quindi si sta diffondendo la necessità di una soddisfazione più profonda, che nasce non più dall’avere ma dall’essere.
Mi piace citare la frase di uno psicologo e giornalista, Robert Jungk perché sottolinea bene il cambiamento sociale in atto a livello mondiale e anche perché è una frase molto ottimista: “Un’inversione di valori è in atto in tutto il mondo: dalla chiusura all’apertura, dalla conquista alla diffusione, dal produrre al vivere, dalla costrizione del lavoro alla libera creatività, dalla rigidezza alla mobilità, dall’utilitarismo al gioco, da ciò che reca la morte a ciò che fa sbocciare la vita”.
Probabilmente da queste considerazioni ho colto l’occasione di imparare e far imparare ai terapisti la tecnica cranio-sacrale, e man mano che procedo con i corsi ho la conferma di questo, per avere uno strumento in più o diverso con cui aiutare i pazienti ad “essere”.
Qual è la nostra esperienza?
Abbiamo ultimato il secondo livello di terapia cranio-sacrale nel gennaio di quest’anno, quindi dal maggio del 2003 ad oggi i terapisti hanno lavorato con le tecniche apprese nel primo corso che Diego Maggio dice essere l’essenza di tutto il percorso.
Abbiamo visto dei risultati, certamente, ma a tutt’oggi non abbiamo organizzato la registrazione di una casistica e quindi cito solo i casi più significativi facendo solo delle considerazioni, dato che la nostra esperienza è recente.
La tecnica cranio-sacrale si può applicare da sola: può sembrare una frase banale ma tenterò di spiegarvela.
Noi applichiamo solo questa tecnica a livello ambulatoriale, ovvero io prescrivo soltanto questa terapia per i pazienti esterni, cioè per i pazienti che vengono in ambulatorio e che presentano solitamente patologie ortopediche in senso lato.
Si tratta però anche di una tecnica che si può applicare assieme ad altre terapie e che applichiamo ai pazienti ricoverati neurologici. Per i cento pazienti neurologici non possiamo applicare solamente la cranio-sacrale: sia perché ci sono molte valutazioni cliniche da fare, come hanno detto anche altri colleghi, e sia per motivi burocratici, politici e quant’altro, che ci costringono a fornire un certo numero di prestazioni e ore di trattamento al paziente.
Alcuni di voi sano che un po’ di tempo fa in Italia sono state stabilite delle linee guida per la neuro-riabilitazione che prevedono almeno tre ore di trattamento per ogni paziente ricoverato.
Per fortuna non è specificato se queste tre ore debbano essere solo di riabilitazione in palestra, o se possano comprendere anche la terapia cognitiva e il nursing riabilitativo ma, di fatto, noi dobbiamo assumerci anche questo impegno.
Facendo i conti con questo impegno e con le nostre risorse, in particolare con il numero di terapisti che esercitano la terapia cranio-sacrale, non siamo sicuramente in grado di portare la sua applicazione a tutti e cento i pazienti ricoverati.
La considerazione che abbiamo fatto sull’importanza di questa tecnica è che effettivamente è di supporto a tutte le altre tecniche classiche applicate ai ricoverati, perché predispone il paziente ad un maggiore coinvolgimento personale nei confronti del trattamento.
Questo coinvolgimento i terapisti lo percepiscono sicuramente dal grado di rilassamento del paziente e dalla risposta motoria, e non solo, che dà costui.
Può sembrare un concetto banale, ripeto, ma non lo è perché abbiamo riscontrato che, sia per i pazienti ricoverati che per quelli ambulatoriali, se facciamo precedere la terapia cranio-sacrale alla terapia classica, otteniamo che il paziente è molto più predisposto a reagire e a cooperare meglio e ad trarre benefici maggiori dalla terapia applicata successivamente.
Solo due parole su alcuni casi clinici.
Una signora con una sclerosi multipla – malattia del sistema nervoso centrale che provoca una demielinizzazione a carico dei nervi e a seconda di dove sono le placche demielinizzazione si sviluppano dei sintomi neurologici – tra i vari sintomi ne lamentava uno molto fastidioso che la limitava nella deambulazione: il nistagmo, un sintomo neurologico a carico del sistema cerebellare che non permette al paziente di fissare un’immagine, perché ha gli occhi che “ballano”. Quindi il nistagmo non provoca solo problemi di vista, ma costituisce un problema anche nella vita quotidiana.
Dopo ogni seduta di cranio-sacrale questa signora riusciva a controllare bene il nistagmo, riusciva a fare meglio e con minor fatica la fisiocinesiterapia che le veniva applicata regolarmente durante il giorno, e camminava meglio.
Dopo ogni trattamento di cranio-sacrale la paziente riferiva di avere un beneficio, anche se il sintomo non scompariva del tutto.
Forse viene da chiedersi se il beneficio non è solo transitorio. Data la recente applicazione non abbiamo ancora fatto studi documentati sui benefici a lungo termine dell’applicazione di queste tecniche, quindi purtroppo non posso rispondere.
Altro caso.
Una ragazza con sindrome della cauda – parte finale del midollo spinale – di origine post-chirurgica aveva difficoltà nella marcia, disturbi sfinteriali, come è classico della cauda, e soprattutto soffriva di depressione e rabbia come conseguenza del fatto che questa sindrome le era venuta fuori dopo un “banale” intervento di ernia discale e del fatto che non riusciva ad avere un miglioramento soprattutto nella deambulazione.
Viene trattata con tecniche diverse: fisiche e non solo, dato che ha provato e subito veramente di tutto essendo giovane e avendo un forte desiderio di superare questa situazione, è stata anche seguita da una la psicologa. Rispetto alla quantità di trattamenti subiti, la ragazza dichiarava e dimostrava di aver ottenuto scarso beneficio, anche se non nullo, sicuramente scarso.
Invece, dopo aver seguito la terapia cranio-sacrale, dichiarava di stare meglio per quanto riguarda la deambulazione, i disturbi sfinterici e nell’umore.
Altri esempi.
Due pazienti, uno con sclerosi multipla e uno con esiti di emorragia cerebrale, che oltre ai sintomi motori accusavano anche disfagia – problemi nella deglutizione. Questi pazienti avevano fatto riabilitazione con le tecniche classiche per questo problema, mentre di solito da noi questi pazienti sono a carico del logopedista.
Una assegnati alla valutazione ed al lavoro delle logopediste, ai pazienti sono state prescritte anche delle sedute di cranio-sacrale e le logopediste hanno notato che c’è stato un consistente miglioramento nella deglutizione in conseguenza alle applicazioni di cranio-sacrale, ciò che permette un recupero molto più veloce.
Questi due casi ci hanno molto interessato, perché le logopediste non sapevano assolutamente che i pazienti avevano fatto terapia cranio-sacrale prima di andare in seduta da loro. Si sono quindi precipitate a chiedere quali farmaci avessimo dato ai pazienti, o in virtù di che cosa queste persone avevano risposto così bene alla seduta di logopedia, molto meglio rispetto alle sedute precedenti.
Due pazienti ancora.
Due pazienti con afasia da ictus ancora, dopo la cranio-sacrale, durante la logopedia manifestavano un clamoroso miglioramento nell’eloquio e nella comprensione. Anche in questo caso la cranio-sacrale si rivela come un aiuto per la terapia successiva.
Le domande sono: “si tratta di miglioramenti soggettivi per il paziente o per le applicazioni del terapista? Sono miglioramenti transitori?”
Io ora non vi posso portare delle risposte perché non abbiamo ancora sistematizzato e studiato questi dati, perciò vi propongo delle semplici considerazioni.
Il nostro intento è di oggettivare nel modo più “scientifico” possibile il beneficio di questa tecnica.
Abbiamo pensato di iniziare dai pazienti con disfagia, che ci hanno dato grande soddisfazione, poiché è risultato chiaro che i miglioramenti sono derivati proprio dal lavoro svolto con la terapia cranio-sacrale.
Faremo quindi in futuro un lavoro con due gruppi di pazienti: uno farà terapia cranio-sacrale prima del trattamento classico per la disfagia e uno farà solo il trattamento classico. Sceglieremo quindi dei parametri da monitorare e sicuramente i risultati saranno esposti nel prossimo convegno.
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